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Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica
Federparchi

Mobula mobular


Non ApplicabileCarente di DatiMinor PreoccupazioneQuasi MinacciataVulnerabileENIn Pericolo CriticoEstinta nella RegioneEstinta in Ambiente SelvaticoEstinta

Tassonomia

RegnoPhylumClasseOrdineFamiglia
ANIMALIACHORDATACHONDRICHTHYESRAJIFORMESMOBULIDAE

Nome scientificoMobula mobular
Descrittore(Bonnaterre, 1788)
Nome comuneMOBULA

Informazioni sulla valutazione

Categoria e criteri
della Lista Rossa
In Pericolo (EN) A4d
Anno di pubblicazione 2013
AutoriGiuseppe Notarbartolo di Sciara, Fabrizio Serena, Cecilia Mancusi
RevisoriUZI
CompilatoriCarlo Rondinini, Alessia Battistoni, Valentina Peronace, Corrado Teofili
RazionaleLa mòbula, il più grande rappresentante del genere Mobula, ha un potenziale riproduttivo molto basso (producendo un solo grosso piccolo alla volta, a intervalli sconosciuti), con una distribuzione geografica ristretta, limitata al Mediterraneo (e potenzialmente a porzioni dell'Atlantico nord-orientale). La specie viene catturata accidentalmente in diverse attività di pesca – in particolare per quanto riguarda le reti da posta derivanti e a circuizione. In una precedente valutazione (2006), la specie era stata valutata In Pericolo (EN), A4d considerando l'alta mortalità nelle catture accidentali, la limitata capacità riproduttiva e il ristretto areale di distribuzione. Nel corso degli ultimi 7 anni, mentre la mortalità causata dalle reti da posta derivanti illegali potrebbe essere diminuita a causa del crescente controllo, è stato scoperto un evento di pesca diretta e massiva nel Mare di Levante, probabilmente ricorrente su base stagionale. Tale circostanza, a carico di una singola popolazione probabilmente panmittica in Mediterraneo (non essendovi evidenza di struttura di popolazione), suggerisce il mantenimento della specie nella categoria In Pericolo (EN) con criteri A4d.

Areale Geografico

DistribuzioneLa mòbula è presente in tutto il Mediterraneo e probabilmente anche nell'Atlantico nord-orientale. Fuori dal Mediterraneo la sua presenza è stata segnalata lungo le coste africane dal Marocco al Senegal, nelle acque delle Canarie, di Madera e delle Azzorre, e come erratica fino all'Irlanda meridionale (Notarbartolo di Sciara 1987). Tuttavia, non essendo possibile distinguere M. mobular da M. japanica – una specie molto simile, a distribuzione circumtropicale, presente anche nel Nord Atlantico (Notarbartolo di Sciara 1987) – se non mediante una comparazione dettagliata (e.g., su base morfometrica, o dell'esame della morfologia dentaria), è possibile che passate osservazioni di M. mobular in Atlantico si riferissero in realtà a scorrette identificazioni di M. japanica. Pertanto al momento attuale si raccomanda di considerare incerta la presenza di M. mobular fuori dal Mediterraneo, nell'attesa che diagnosi accurate basate su dettagli morfologici (e.g., Adnet et al. 2012) consentano di chiarire questo aspetto della distribuzione della specie.

Popolazione

PopolazioneNon esistono stime della popolazione di mòbula. La specie presenta una bassa densità, e viene avvistata solitamente da sola, o in due e al massimo tre individui. Tuttavia un recente episodio di cattura massiccia al largo di Gaza (v. "Principali minacce" più avanti) sembra indicare che la mòbula possa occasionalmente riunirsi in grandi aggregazioni.
Tendenza della popolazioneUnknown

Habitat ed Ecologia

Habitat ed EcologiaLa mòbula si trova sia in acque neritiche (Notarbartolo di Sciara and Serena 1988, Bradai and Capapé 2001, Scacco et al. 2008, Holcer et al. 2012), anche di poche decine di m, sia di mare aperto e profondo (Canese et al. 2011). Al pari degli altri mobulidi, la mòbula è un batoideo epipelagico, malgrado possa immergersi fino a 600-700 m (Canese et al. 2011). La specie si ciba in prevalenza di crostacei planctonici e piccoli pesci che rimangono intrappolati nelle speciali strutture branchiali. Nelle acque italiane cosi come in tutto il Mediterraneo, una delle principali prede è l'eufausiaceo Meganyctiphanes norvegica. I mobulidi sono batoidei vivipari aplacentali matrotrofi, in quanto l'embrione riceve il nutrimento dalla secrezione del latte uterino (Wourms 1977). La femmina partorisce un solo piccolo. Un embrione a termine, il cui disco misurava 1659 cm di larghezza e pesante 35 kg, il più grande mai registrato, fu descritto da Notarbartolo di Sciara e Serena (1988) per le acque settentrionali del Tirreno, proveniente da una cattura accidentale di una mòbula con la rete a circuizione. Non sappiamo se questa specie abbia una stagione riproduttiva limitata nell'arco dell'anno. Tortonese (1957) descrive un embrione ancora scarsamente sviluppato, proveniente da una femmina catturata a Palermo in settembre. Le osservazioni di Notarbartolo di Sciara e Serena (1988) suggeriscono che nel bacino occidentale del Mediterraneo la specie partorisce in estate e che il piccolo, al momento della nascita, può raggiungere fino a 1660 millimetri larghezza disco. La durata della gestazione non è nota, ma potrebbe essere una delle più lunghe conosciute nei Condritti.
AmbienteMarino
Altitudine
(metri sopra il livello del mare)
Min: 700 (Canese et al. 2008) m


Minacce

Principali minacceIl programma MEDLEM, attivo da molti anni, registra le catture accidentali dei grossi elasmobranchi che vivono in Mediterraneo e anche nelle acque italiane. La mòbula rientra nel data base di registrazione con oltre 200 record dovuti tutti a catture accidentali (Baino et al., inviato). In ogni caso tassi di mortalità dovuti a diversi attrezzi di pesca sono riportati da vari Autori: per la pesca con reti pelagiche derivanti (Muñoz-Chàpuli et al. 1994, Celona 2004, Akyol et al. 2005), per la circuizione (Notarbartolo di Sciara and Serena 1998, Hemida et al. 2002), per il tramaglio (Bradai and Capapé 2001, Holcer et al. 2012), per i palangresi (Orsi Relini et al. 1999, Holcer et al. 2012), per lo strascico (Bauchot 1987, Bradai and Capapé 2001, Hemida et al. 2002), per la volante a coppia (Scacco et al., 2008), per le tonnare (Boero and Carli 1979), per l'arpione a mano (Celona 2004). Fortunatamente la pesca con reti pelagiche derivanti è stata proibita in Mediterraneo grazie al regolamento voluto da Unione Europea, GFCM e ICCAT, malgrado persistano attività illegali, come in Italia meridionale, che costituiscono tuttora una causa di mortalità per questa specie.

Data la loro bassa posizione nella rete trofica, elevati livelli di contaminazione da composti organoclorurati o oligoelementi sono improbabili. Tuttavia, le sue abitudini epipelagiche rendono particolarmente vulnerabile questa specie agli sversamenti di petrolio, all'ingestione di microplastiche e, infine, ai disturbi derivanti dai livelli elevati di traffico marittimo.

Nell'ambito di un recente studio finanziato dal Ministero dell'Ambiente e del Mare sono state acquisite informazioni su una probabile commercializzazione di mòbule pescate con palangresi nelle acque del basso Adriatico. Tale notizia richiede necessariamente una conferma.

Misure di conservazione

Misure di conservazioneLa mòbula è inclusa come specie minacciata e in pericolo nell'Annesso II nel Protocollo ASPIM della Convenzione di Barcellona. Inoltre risulta strettamente protetta dall'Annesso II della Convenzione di Berna.

Il Santuario Pelagos per i mammiferi marini del Mediterraneo, dove divieto di uso di reti derivanti è rispettato, costituisce un'ulteriore protezione per questa specie.
Le seguenti azioni di conservazione sono raccomandate per il futuro:

Incorporazione di M. mobular nella legislazione nazionale delle parti contraenti il Protocollo SPA della Convenzione di Barcellona e attuazione della normativa.
Sensibilizzazione dei pescatori al fine di ridurre le catture accessorie e rilasciare in mare gli esemplari ancora vivi.
Formale richiesta al Governo per far rispettare il divieto di utilizzo delle reti da posta derivanti.
Inserimento di M. mobular nell'Annex 1 delle specie considerate dal Piano di Conservazione degli elasmobranchi del Memorandum of Understanding nell'ambito della Convenzione di Bonn sulle specie migratorie.
Supporto da parte del Governo alla futura elencazione della specie nell'Appendice II della CITES, a completamento della recente (2013) decisione di elencare le specie del genere Manta in detta Appendice.

Bibliografia

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